Comunicato stampa: Piantatela di travestirvi, vi abbiamo riconosciuto benissimo!

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Piantatela di travestirvi, vi abbiamo riconosciuto benissimo!

Ieri, sabato 18 novembre, mentre a Torino si celebrava la giornata in onore delle persone transessuali e transgender, la mostra Generi di prima necessità, prodotta dal Maurice e esposta negli spazi municipali della circoscrizione 6 in via Leoncavallo é stata vandalizzata da scritte “No gender”.
Già nel 2009 la stessa mostra era stata deturpata, allora nel centro cittadino, all’epoca scelsero croci uncinate.
E di nuovo a distanza di otto anni, accade che i corpi Trans di persone che hanno messo la propria faccia per mostrarsi e raccontarsi risultino intollerabili, tanto da scatenare il bisogno di sfregiare.
Allora come oggi i mandanti morali sono gli stessi. Otto anni fa non si parlava ancora della teoria del gender e affini, scelsero un simbolo per loro naturale, la svastica. Oggi lo stesso odio usa la scritta “no gender”, cercando così di travestirsi.
Ma vi abbiamo riconosciuto benissimo, ora come allora continuate a essere fascisti e noi continueremo a combattere l’ideologia di morte di cui siete portatori, con la cultura e il desiderio di vita.

Torino, 19 novembre 2017
Maurice glbtq

“OLTRE IL BINARIO”: PERFORMANCE, TEATRO, PENSIERI.

Locandina-marzo-2017-1OLTRE IL BINARIO
Incontri di teatro e performance GLBTQI
9-16-23-25 MARZO 201
7
Azimut, Via Modena, 55, Torino

“Oltre gli stereotipi, i luoghi comuni, la scelte imposte e i percorsi obbligati.Oltre il binario significa andare alla ricerca di quali sono le storie individuali, le urgenze poetiche e di esperienza umana che vanno difese, protette, insegnate e spiegate con cura.”

9 marzo – h.21.00
LA CENA PER FAR(MI) CONOSCERE”Primo, secondo, contorno, dessert e . . . in vino veritas!
Spettacolo teatrale scritto da Lorenzo Beatrice, diretto e interpretato da Cristina Robasto e Lorenzo Beatrice

Ludovica ed Eugenio, fidanzati da quattro anni, si ritrovano come ogni sera a cena insieme: questa però si rivelerà per entrambi una cena indimenticabile…

16 marzo – h. 21.00
“WHO’S A FREAK?”
Incursione tra costrutti costretti, confini liquidi, generi invisibili
Performance di Espressioni Vaganti

con Sonia Bertinat, Pier Luigi Gallucci, Luigi Infantino, Jacopo Milano, Armando Molari, Erberto Rebora, Henni Rissone
Con la collaborazione di: PR Grafica, Patrizia Corte, Luisa Pagani

BEIJAFLOR”
Un bacio di e con Ambra G. Bergamasco ed Edegar Starke

Ambra G. Bergamasco ed Edegar Starke portano in scena un primo esito della loro ricerca sugli archetipi maschile/femminile per poterli frantumare attraverso un gesto d’intimita’: il bacio. I due artisti hanno esplorato lo spazio di genere attraverso cio’ che essi sentono emergere uno dell’altro. Quanti generi vivono dentro di noi? Quanto spazio di espressione si rivela quando l’intimita’ consente di diventare canale espressivo?

23 marzo – h. 21.00
LE STRADE DEL MARE”
Tratto dall’omonimo libro di Rosi Polimeni e premiato con la Stella d’Argento per il miglior monologo al festival di Allerona (TR).
Sceneggiatura e Regia: Fabio Tedoldi
Interprete: Monica Gilardetti
Associazione Culturale Teatrale Cara…Mella
Una vicenda che attraversa il novecento e narra la storia di tre donne – nonna madre e figlia – attraverso rotte migranti tra la Sicilia ed il Brasile.
Dopo lo spettacolo seguirà incontro con l’autrice del libro

25 marzo- h. 17/19
Nora Book bar, Via delle Orfane 24/D- Torino

Tavola rotonda: Percorsi, esistenze e urgenze oltre il binario.
Dialoghi con: Chiara Bertone, Nicole Braida, Cristian lo Iacono, Margherita Giacobino, Beatrice Scella.
§Modera: Maurizio Nicolazzo del MAURICE GLBTQ

h.19,30
Aperitivo a cura di NORA BOOK & COFFEE – Torino
Nora è uno spazio dedicato alla condivisione culturale a 360° e all’abbattimento degli stereotipi connessi al genere.

h.21,30
Convivium cafè&bistrot, L.go Dora Firenze, 131 – Torino
LADIES&GENTLEMEN” in concerto
Musica, parole, emozioni e tanto amore

Saturnia Galattica: voce e performance
Maurizio (O Cangaceiro) Corcelli: cajon e percussioni
Giovanni Nappi: basso
Francesco Bencivenga: basso
Giorgio Confalonieri: chitarra e voce
Federico Confalonieri: pianoforte e congiuntivi.

Per tutta la durata della rassegna sarà visibile la mostra “FAMIGLIE: METTIAMOCI LA FACCIA!” dell’artista Rosalba Castelli

Costo biglietto: 10 euro a serata
Abbonamento alla rassegna: 35 euro
Aperitivo del 25 marzo: 3 euro

Info e prenotazioni: [email protected]
Alla realizzazione della rassegna hanno partecipato il Maurice GLBTQ, la LILA Piemonte e la libreria Nora Book & Coffee
La rassegna è patrocinata dalla Città di Torino.

Un ringraziamento a Gianni Zardini per la grafica

TDoR 2015

Il 20 novembre è il Transgender Day of Remembrance, la giornata che commemora le vittime trans in tutto il mondo. Questo l’elenco da novembre 2014 ad oggi. Probabilmente non saranno tutte ma vogliamo ricordare almeno i loro nomi.

Mi chiamavo KEYSHIA BLIGE avevo 33 anni e vivevo ad Aurora in Illinois. Mi hanno sparato mentre ero alla guida della mia auto che conseguentemente si è schiantata. Mi hanno dichiarata morta in ospedale il 7 marzo 2015.

Mi chiamavo TAMARA DOMINGUEZ avevo 36 anni. Il 15 agosto 2015 mi hanno dichiarata morta in ospedale a Kansas City. La polizia dice che un suv mi ha investita e poi è passato ripetutamente sul mio corpo.

Il mio nome era KANDIS CAPRI avevo 35 anni, mi hanno sparato fuori da un complesso di appartamenti a Phoenix in Arizona. All’arrivo in ospedale sono stata dichiarata morta, l’11 agosto 2015. La polizia ha diffuso un video nella speranza di trovare il mio assassino.

Mi chiamavo AMBER MORE, mi hanno sparato a Detroit durante l’estate del 2015. La data della mia morte non è certa e non si hanno altre informazioni. La polizia sta ancora cercando il colpevole. Avevo 20 anni.

Mi chiamavo ASHTON O’HARA, avevo 25 anni. Mi hanno investita e pugnalata a morte in un campo a Detroit. Il sospetto Larry B. Gaulding è accusato di omicidio di primo grado.

Il mio nome era SHADE SCHULER, hanno ritrovato il mio cadavere in avanzato stato di decomposizione in un campo a Dallas in Texas il 29 Luglio 2015. Forse mi hanno sparato, la causa della morte non è chiara. Avevo 22 anni.

Il mio nome era KC HAGGARD, avevo 66 anni e vivevo a Fresno in California, dove il 24 luglio sono stata accoltellata. Una telecamera di sorveglianza ha ripreso l’omicidio, nonostante le mie suppliche nessun passante mi ha soccorsa. La polizia sta cercando il colpevole.

Mi chiamavo INDIA CLARKE, avevo 22 anni, mi hanno ritrovata morta per colpi di pistola alla testa e alle braccia a Tampa in Florida, il 21 Luglio 2015. La polizia ha arrestato un sospetto.

Ero MERCEDES WILLIAMSON e vivevo in Alabama. L’esame del dna ha confermato che il corpo accoltellato e bruciato in Mississippi sarebbe il mio. La polizia ha arrestato un sospetto, Josh Brandon Vallum, un mio conoscente. Io avevo 17 anni.

Mi chiamavo PENNY PROUD, avevo 21 anni, mi hanno sparato il 10 febbraio a New Orleans. La polizia crede che potrebbe essere stato un tentativo di rapina. Due sospetti sono ricercati.

Mi chiamavo TAJA GABRIELLE DE JESUS, avevo 36 anni, sono morta a San Francisco l’8 febbraio a causa di ripetute coltellate. Il sospettato, James Hayes, si è suicidato prima che la polizia potesse trovarlo.

Il mio nome era BRI GOLEC, sono stata uccisa da mio padre che, durante un litigio domestico, mi ha accoltellata a morte ad Akron in Ohio il 13 febbraio 2015.

Mi chiamavo LAMIA BEARD, avevo 30 anni e sono morta in ospedale a Norfolk in Virginia, per ferite da arma da fuoco, il 17 gennaio 2015.

Mi chiamavo PAPI EDWARDS, avevo 20 anni e mi hanno sparato a Louisville in Kentucky, il 9 gennaio 2015. Un sospetto, Henry Richard Gleaves, è stato accusato del mio omicidio.

Il mio nome era NEPHI LUTHERS, mi hanno sparato in testa delle persone con cui stavo parlando a Georgetown in Guyana, il 21 luglio 2015. La polizia ha arrestato un sospetto e ne sta cercando un secondo. Avevo 20 anni.

Mi chiamavo DIOSVANY MUNOZ ROBAINA, soprannominata La Eterna. La mia vita si è conclusa a 24 anni a Pinar del Rio, Cuba. Alcuni ragazzi mi hanno tirato delle pietre fino ad uccidermi. Quello che ha confessato di avermi tirato la pietra mortale aveva 17 anni.

Mi chiamavo ALVES DE MATOS JR., avevo 21 anni, sono stata pugnalata e smembrata a San Paolo del Brasile, il 25 settembre 2015.

Il mio nome resta sconosciuto, avevo 41 anni e sono morta ad Alicante in Spagna a causa di un grave trauma alla testa e al collo, era il 21 luglio 2015.

Mi chiamavo L.A. DE SOUSA, avevo 22 anni mi hanno ritrovata il 30 settembre in una discarica a San Paolo con un coltello nel collo.

Mi chiamavo WALESKA RAYALA mi hanno uccisa a Rio Grande do Norte in Brasile con 27 coltellate. Avevo 21 anni.

Il mio nome era PAULINHA, la mia età non si è saputa, mi hanno ucciso dei colpi di pistola alla testa e al petto, a Rio Grande do Norte l’8 settembre 2015.

Mi chiamavo FLOWER e avevo 39 anni, mi hanno picchiata a morte il 27 agosto ad Amazonas Brasile.

Mi chiamavo VHA DOS SANTOS e avevo 25 anni, sono morta a causa di multipli colpi di arma da fuoco, a Rio de Janeiro il 24 agosto.

Il mio nome era PATRICIA, avevo 29 anni, la causa della mia morte è rimasta sconosciuta. hanno ritrovato il mio cadavere in un cespuglio a santa Terezinha in Brasile.

Nome sconosciuto, circa 45 anni, mi hanno sparato in testa il 25 luglio a Alta Floresta d’Oeste in Brasile.

Il mio nome era GABI, avevo 26 anni e mi hanno picchiata a morte a Valparaiso de Goias in Brasile, il 19 luglio 2015.

Mi chiamavo ERIKA AGUILERA vivevo a Dourados in Brasile, il 16 luglio un cliente mi ha sparato alla schiena, uccidendomi. Arrestato in flagranza ha dichiarato di aver perso il controllo dopo aver scoperto che non ero una donna. Avevo 25 anni.

Mi chiamavo INDIA NASCIMENTO. Avevo 29 anni. Sono morta dopo 3 giorni di agonia in ospedale a Pernambuco in Brasile a causa delle percosse subite.

Il mio nome era L.R.O. DORTA, avevo 26 anni sono morta a Pernambuco in Brasile, il 12 luglio, sono stata decapitata.

Mi chiamavo VANESSA CALACA, il 12 luglio a Goias in Brasile due uomini, dopo aver avuto un rapporto sessuale con me, mi hanno impiccata e uccisa colpendomi in testa con due grosse pietre. I colpevoli sono stati arrestati. Io avevo 27 anni.

La mia identità è sconosciuta, mi hanno sparato alla schiena e all’addome a Manaus in Brasile, il 30 giugno 2015.

Anche la mia identità è sconosciuta, sono morta a causa di una coltellata al collo a Cacoal in Brasile, 5 giorni dopo.

Mi chiamavo BRUNA J. MENDES, avevo 27 anni, sono stata uccisa il 29 giugno con diversi colpi di pistola a Italpebi in Brasile.

Il mio nome era SIDNEY ARAÚJO CLAUDINO e avevo 19 anni, mi hanno sparato nel petto a Dourados in Brasile, il 23 giugno 2015.

Il mio nome era LAURA VERMONT, sono morta in ospedale a San Paulo a causa di ferite non meglio specificate. Due ufficiali della polizia militare sono stati arrestati per il loro coinvolgimento nella mia morte. Io avevo 18 anni.

Mi chiamavo KAUANE DA SILVA, avevo 35 anni, sono morta a Santa Maria in Brasile per un colpo di pistola alla testa.

La mia identità e la causa della mia morte sono rimaste sconosciute, hanno trovato il mio corpo bruciato a Serra in Brasile.

Mi chiamavo KELLY SILVA, avevo 31 anni. Sono morta a Uberaba in Brasile a causa di coltellate al collo e alle braccia.

Mi chiamavo ANDRÉIA AMADO, sono stata uccisa 29 anni da un colpo di pistola il 4 giugno a Porto Alegre in Brasile.

Il mio nome era CAROL MELO, avevo 30 anni. Il 3 giugno 2015 a Manaus in Brasile sono stata strangolata.

Mi chiamavo PRISCILLA DA SILVA, avevo 23 anni. Mi hanno sparato, uccidendomi, il 30 maggio a Dois Riachos in Brasile.

Mi chiamavo BARBARA SODRE sono morta a 29 anni accoltellata a Sergipe in Brasile, il 25 maggio 2015.

Mi chiamavo MICHAEL LUCAS DE ALMEIDA REGINALD, avevo 13 anni e vivevo a San Paolo. Ero tossicodipendente e mi prostituivo. Mi hanno ritrovata con il cranio rotto e 13 coltellate in tutto il corpo il 18 marzo 2015. La polizia ha arrestato 5 persone per il mio delitto, una di queste era una mia amica.

Mi chiamavo JEAN WALTRICK, avevo 27 anni quando sono stata uccisa da numerosi colpi di arma da fuoco alla testa, abitavo a Lages in Brasile.

Il mio nome era VANDRESSA VINNITT mi ha ucciso un colpo di pistola a Realengo Brasile, il 18 maggio 2015.

Il mio nome era TICIANE ABRAVANEL, avevo 21 anni mi ha uccisa un colpo di pistola a Pernambuco in Brasile, 18 maggio 2015.

Mi chiamavo LA MONIQUE DE ROMA, avevo 43 anni, mi ha uccisa un colpo di pistola a San Paolo il 14 maggio 2015.

La mia identità resta sconosciuta mi ha ucciso un colpo di pistola a Cutriba in Brasile il 3 maggio 2015.

Mi chiamavo STEFANNY, il 30 aprile a Caucaia mi ha ucciso un colpo di pistola.

Mi chiamavo JOB RODRIGUES DA SILVA, avevo 46 anni quando un colpo di pistola mi ha ucciso a Porto Velho in Brasile.

Il mio nome non si conosce, sono stata picchiata e strangolata a Manaus il 17 aprile 2015.

Ero BRUNA, avevo 47 anni, mi ha uccisa un colpo di pistola a Vitoria in Brasile il 16 aprile 2015.

Mi chiamavo BRUNA QUÉRCIA, avevo 15 anni, due uomini su una moto mi hanno seguita e uccisa con diversi corpi di pistola la notte del 15 aprile a Vila Velha in Brasile.

Il mio nome era VICTÓRIA CAMARGO, avevo 29 anni, mi ha uccisa un colpo di pistola a Venancio in Brasile il 13 aprile 2015.

Il mio nome era BRUNA MICHELE, mi hanno picchiata a morte a Belo Horizonte in Brasile. Avevo 20 anni.

Mi chiamavo VANESSA GANZAROLI, avevo 18 anni, vivevo a Petrolina in Brasile. Il 3 aprile mi hanno uccisa con multiple coltellate.

Il mio nome era DEBORA, il 2 aprile a San Paolo sono morta a causa di colpi di pietre.

Mi chiamavo LOTINHA, vivevo a Manaus, mi hanno uccisa accoltellandomi.

Mi chiamavo ADRIANA, avevo 22 anni, diversi colpi di pistola mi hanno uccisa a Campo Grande in Brasile, il 22 marzo 2015.

Il mio nome era BIANCA ARAUJO, sono morta a 21 anni a causa di colpi di arma da fuoco a Fortaleza in Brasile.

Il mio nome era PIU DA SILVA, avevo 25 anni. Il mio corpo sfigurato è stato trovato il 24 gennaio a Rio de Janeiro. Il giorno dopo un video ha mostrato come ero stata torturata.

Mi chiamavo NATÁLIA FERRAZ, avevo 21 anni, sono stata uccisa con numerosi colpi di pistola a San Paolo, il 27 febbraio 2015.

Il mio nome era YGOR FERNANDO OLIVEIRA SANTOS, avevo 20 anni, sono stata uccisa a Marechal Deodoro in Brasile con numerosi colpi di pistola sparati da alcuni balordi su un’auto.

Mi chiamavo KEITY, avevo 23 anni, sono morta a Salvador in Brasile in seguito a numerose coltellate.

Mi chiamavo LARA, il mio corpo è stato ritrovato per strada a Parauapebas in Brasile. Avevo la testa fracassata da una pietra, avevo 16 anni.

La mia identità è sconosciuta, mi hanno uccisa con multipli colpi di pistola a Salvador in Brasile il 20 febbraio 2015.

Il mio nome era RAÍSSA, avevo 19 anni. Sono stata accoltellata a morte al collo e al petto il 16 febbraio a Campina Grande in Brasile.

Il mio nome era CAPITÚ SANTOS, avevo 31 anni, sono stata pugnalata a Manaus in Brasile il 16 febbraio 2015.

Mi chiamavo JOYCE AKIRA, ero una ragazzina, mi hanno sparato ripetutamente a Mangabeira in Brasile, l’8 febbraio 2015.

Mi chiamavo PATA, sono morta strangolata a 35 anni a Macapà in Brasile il 7 febbraio 2015.

Mi chiamavo DIDINHA, avevo 18 anni. Mi hanno sparato ripetutamente a Vitória de Santo Antão in Brasile, il 1 febbraio 2015.

La mia identità è sconosciuta, mi hanno sparato a Lorena in Brasile il 17 marzo 2015.

Ero LÉO e avevo 26 anni quando mi hanno sparato a Vitoria da Conquista in Brasile.

Mi chiamavo ZELLA ZIONA, avevo 21 anni mi hanno attirata e sparato vicino a Gaithersburg, in Maryland. Un sospetto è stato accusato del mio omicidio.

Il mio nome era DIANA SACAYÁN ero un’attivista transgender argentina, leader di ILGA. Il mio corpo è stato trovato nel mio appartamento in Buenos Aires, legato al letto e accoltellato a morte. Sono ricercate due persone.

Mi chiamavo RAFAELA CAPUCCI, sono stata uccisa nel mio posto di lavoro a Vogtsburg in Brasile il 7 ottobre 2015.

Mi chiamavo MELVIN e avevo 30 anni, mi hanno sparato a Detroit il 5 ottobre 2015.

Il mio nome era KIESHA JENKINS, avevo 22 anni. Un gruppo di uomini mi ha aggredita e poi uno di questi mi ha sparato alla schiena 2 volte. Sono morta in ospedale a Filadelfia il 6 ottobre 2015. Un sospetto è stato arrestato.

Mi chiamavo CHOCOBAR MARCELA, avevo 26 anni. Il mio corpo è stato trovato bruciato e smembrato, dai resti del mio scheletro hanno identificato il mio dna un mese dopo. Vivevo a Santa Cruz in Argentina.

Il mio nome era JASMINE COLLINS, avevo 32 anni. Sono stata pugnalata a morte a Kansas City nel giugno 2015. La mia assassina Tia Townsel è stata arrestata.

Mi chiamavo ELISHA WALKER ero scomparsa da un anno quando hanno ritrovato il mio corpo in una buca in Nord Carolina. Il mio assassino, Angel Dejesus Arias, è stato arrestato, mi aveva sepolto nel suo giardino.

Ero DAYA RANI KINNAR, avevo 65 anni e vivevo a Uttar Pradesh in India. Ero un’attivista transgender. Mi hanno sparato nel mio appartamento con un colpo di pistola alla testa, probabilmente esploso dall’esterno.

Mi chiamavo FRANCELA MÉNDEZ RODRÍGUEZ, avevo 29 anni, ero una nota attivista trans in Salvador. Alle prime ore del 31 maggio sono stata uccisa da un gruppo di ignoti mentre facevo visita a un mio amico. Si sospetta che il mio omicidio sia avvenuto a causa della mia attività politica.

Mi chiamavo LONDON CHANEL e avevo 21 anni. Sono morta in ospedale a Filadelfia a causa delle ferite alla schiena e al collo che il mio fidanzato mi ha procurato con un temperino.

Il mio nome era ALMAROOF BIJLI, avevo 30 anni, i miei resti mutilati e carbonizzato sono stati ritrovati 10 giorni dopo la mia scomparsa vicino a una fermata di autobus a Gungal in Pakistan il 5 maggio 2015.

I nostri nomi erano SAIMA, ZAIB and BILLI, eravamo con altre persone transgender in una via affollata di Rawalpindi in Pakistan quando due motociclisti hanno aperto il fuoco verso di noi. Due di noi sono morte subito, l’altra in ospedale. Altre due trans che si trovavano lì hanno riportato solo ferite.

Il mio nome era VANESSA SANTILLAN avevo 33 anni e vivevo a Londra. Il mio corpo è stato ritrovato semi nudo sul pavimento del mio appartamento con forti traumi alla testa e al collo. E’ stato accusato dell’omicidio mio marito Joaquin Gomez-Hernandez.

I nostri nomi sono sconosciuti. Eravamo due transgender pakistane. Il 6 aprile di ritorno da una festa di matrimonio un gruppo di uomini ci ha sparato.

Il mio nome era KRISTINA GRANT INFINITI avevo 46 anni. Hanno ritrovato il mio corpo nella mia casa a Miami. Dopo aver classificato la mia morte come suicidio, la polizia ha aperto una indagine per omicidio.

Il mio nome era SUMAYA DALMAR, ero una donna trans di origini somale di 26 anni. Il mio corpo è stato ritrovato il 22 febbraio a Toronto, non sono chiare le circostanze della mia morte.

Mi chiamavo MARIASOL ALMEIDA, avevo 39 anni. Mi hanno pugnalata 6 volte e avvolta in un lenzuolo nel mio salone di bellezza a Guayaquilin Equador. Era la vigilia di Natale.

Il mio nome era MICHELLE VASH PAYNE, avevo 33 anni. Sono stata pugnalata a Los Angeles dal mio fidanzato che poi ha dato fuoco all’appartamento.

Mi chiamavo TY UNDERWOOD, avevo 24 anni. Mi hanno sparato in Texas mentre cercavo di fuggire con la mia auto che però è andata contro un albero. Del mio omicidio è stato accusato Carlton Champion con cui avevo una relazione.

Il mio nome era GIZZY FOWLER, avevo 24 anni, mi hanno sparato nella mia auto a Nashville il 12 novembre 2015. Il colpevole si è consegnato alla polizia.

Il mio nome era DESHAWANDA SANCHEZ, avevo 21 anni. Mi hanno sparato nella veranda della mia casa a Los Angeles il 3 dicembre 2015. Ho chiamato la polizia e sono morta poco dopo. Un sospetto è stato arrestato.

Il mio nome era KEYMORI SHATOYA JOHNSON mi hanno sparato nella mia casa di Albany il 6 dicembre 2015. Avevo 24 anni. Un sospetto è stato arrestato.

Mi chiamavo HANDE Ö, avevo 35 anni ed ero un’attivista trans di origini turche. Sono stata ritrovata con le mani legate e strangolata con un asciugamano nel mio appartamento di Vienna il 19 gennaio 2015.

Il mio nome era FERNANDA “COTY” OLMOS, avevo 59 anni e vivevo a Santa Fe in Argentina. Sono stata uccisa nella mia casa con coltellate al collo, alla schiena e all’addome e uno sparo al petto.

Comunicato stampa: Un sentenza che cambia la vita alle persone trans e non solo

La sentenza della cassazione sul cambio di genere senza intervento chirurgico per le persone transessuali, rappresenta una vittoria storica, non solo per chi da anni lotta per il riconoscimento di questo diritto, ma per il principio stesso di libertà e autodeterminazione.
Questa sentenza, ottenuta grazie al lavoro di Rete Lenford – Avvocatura per i diritti LGBTI, ci dice chiaramente che, se una persona trans non lo desidera, non può essere obbligata a fare un intervento solo per ottenere un riconoscimento sociale. I corpi non devono pagare il prezzo di una normatività che esige l’ordinamento sociale. Se dobbiamo essere pubblicamente riconoscibili, tramite dei documenti, non è giusto chiedere ai nostri corpi di pagare questo prezzo.
Ora la strada è aperta, per tutti i tribunali che hanno troppe volte interpretato liberticidamente la legge 164/82 e per una nuova legge che tenga conto dei mutamenti dei tempi e delle esigenze reali delle persone trans.
La lotta continua ma abbiamo vinto un’importante battaglia.

Maurice glbtq

Serate Transversali 2015

SERATE TRANSVERSALI 2015 – INCONTRI CON L’IDENTITA’ DI GENERE

Le Serate Transversali – giunte quest’anno alla loro quarta edizione – si propongono ancora una volta di rappresentare un ‘occasione di incontro e confronto per tutti coloro che, a vario titolo, si trovano a volersi o doversi confrontare con le problematiche di genere: diretti interessati, familiari, operatori sanitari e sociali, rappresentanti delle istituzioni, studenti, o anche semplici cittadini desiderosi di “capire” meglio un mondo ormai troppo spesso inadeguatamente descritto dai media tradizionali.

E si spera riescano nel contempo a fornire utili spunti di riflessione, soprattutto in un momento storico particolare come quello contemporaneo, in cui le ben note difficoltà economiche, sociali, politiche ed internazionali facilitano e/o amplificano inquietanti tendenze discriminatorie rispetto tutte le minoranze, e in cui la lotta per l’affermazione del fondamentale ed ineludibile principio dell’autodeterminazione si rivela ancora più difficoltosa e probabilmente lontana dal pervenire ai suoi obiettivi.

Christian Ballarin, Piero Cantafio

Doppio libretto agli studenti trans. Così cambiano le università

Quando Agnese Vittoria ha superato l’esame di francese all’università di Catania a farla felice non sono stati i tre crediti ottenuti, ma l’attestato che le hanno consegnato: sopra c’era stampato il suo nome al femminile e il titolo «studentessa». Non sembrerebbe niente di straordinario. Ma solo a luglio scorso, all’appello per l’esame di etica della comunicazione, il professore aveva chiamato Giuseppe Vittoria. E lei si era dovuta alzare sui tacchi a spillo per spiegare che, sì, Giuseppe Vittoria era proprio lei.

È il nome con cui è registrata all’anagrafe: Agnese, 24 anni, è «transgender». Nata in un corpo maschile, ha deciso di diventare la donna che «fin dall’infanzia» si è sempre «sentita di essere». E così, a maggio, sostenuta dai Radicali catanesi, ha chiesto al suo ateneo di poter usare un alias nel percorso di studi. A ottobre il via libera: una sorta di doppio libretto informatico.
Da una parte c’è quello «legale», con il suo nome anagrafico, visibile solo alla segreteria; dall’altra quello «pubblico», da mostrare a professori e compagni, che riporta invece il nome d’adozione corrispondente all’aspetto fisico. «Per me è fondamentale — dice Agnese—. Prima, ogni volta che avevo un test dovevo affrontare sguardi inquisitori, risatine, umiliazioni. Ora è tutto più facile».

Negli Stati Uniti sono circa un centinaio le università che permettono agli iscritti di scegliere un nome più adatto al loro nuovo genere. Ed è di pochi giorni fa la notizia che l’università del Vermont ha anche riconosciuto a una sua matricola l’uso del pronome «they», cioè «loro», al posto di «lei» o «lui»: Rocko Gieselman, 21 anni, si definisce «genderqueer» («trasversale ai generi») e rivendica di appartenere a un terzo genere «neutrale».

In Italia non si arriva a tanto, ma sempre più atenei escogitano soluzioni per gli iscritti «in transizione»: oltre a Catania, Torino, Milano, Padova, Verona, Bologna, Bari, Napoli e Urbino. «C’è una sorta di competizione per attirare questi studenti, che sono sì un’esigua minoranza, ma spesso giovani in età dello studio — dice Tiziana Vettor, presidente del Comitato unico di garanzia (l’ex Pari opportunità) della Bicocca di Milano —. Da noi si parla di circa venti su oltre trentamila immatricolati». La Bicocca, come la Statale di Milano, invece che un alias ha previsto il nome puntato sul libretto.

«I diretti interessati, però, si sono lamentati: tutti gli altri hanno il nome di battesimo e finisce che sono ancora riconoscibili — aggiunge Roberta Dameno, docente del Centro interdipartimentale per gli studi di genere —: i professori che non sono al corrente dell’iniziativa chiedono perché, creando imbarazzo proprio prima dell’esame. Adesso stiamo valutando anche noi il doppio libretto: vogliamo venire incontro alle esigenze e ai diritti di tutti», conclude.

«Non è una misura astratta: tocca davvero la vita delle persone. Serve tantissimo», dice Christian Ballarin, 37 anni, torinese, uno dei leader del movimento transessuale italiano. Torino, grazie al lavoro congiunto della consigliera di parità e dell’allora comitato universitario per le pari opportunità, è stata la prima università italiana a introdurre il doppio libretto, nel 2003, su richiesta del circolo Maurice di cui Bellarin è presidente: «Noi abbiamo portato un bisogno, ma sono stati loro a lavorare per trovare la soluzione legale», assicura.

È per questa apertura della città, che ospita uno dei più importanti centri italiani per la cura delle persone trans, che Riccardo (nome di fantasia), 22 anni, si è trasferito qui da un’altra regione. «Lì non avrei mai potuto studiare: la gente mi strattonava per strada per chiedermi se ero maschio o femmina — dice —. E avrei incontrato di nuovo i compagni che mi tormentavano alla superiori».

Ormai grazie alla terapia ormonale sfoggia barba e forme maschili, ma anche a Torino non tutto è filato liscio: «All’inizio mi avevano dato il libretto con il nome nuovo, ma continuavano a lasciare quello femminile nella mail che serviva per le iscrizioni ai corsi. Io non lo sopporto: entravo in ansia e non la usavo mai. C’è voluto un po’ per risolverla». Intanto Riccardo ha finito le procedure per il cambio di sesso e ad aprile spera di ottenere i documenti che lo renderanno anche legalmente un uomo. «Mai mi sarei laureato senza avere il nome nuovo — spiega —. Non sarei neanche riuscito a sostenere la tesi».

Elena Tebano 14 febbraio 2015 – La ventisettesima ora Corriere della Sera.it

Per i dipendenti transgender nome corrispondente all’aspetto

trans freedom march LaStampa

In Comune, sul cartellino identificativo

«È un segno di civiltà e di rispetto nei confronti dei lavoratori, che vanno giudicati per come svolgono il servizio, non per la loro identità sessuale». Ilda Curti, assessore comunale alle Pari Opportunità, spiega così il senso del provvedimento grazie al quale i dipendenti del Comune «in transizione di genere» potranno avere sul cartellino identificativo il nome corrispondente all’aspetto. «In questo modo si evitano imbarazzi e umiliazioni. Per il cittadino non cambia niente: allo sportello per chiedere un documento ciò che conta è il servizio che ricevi», prosegue Ilda Curti, che si è impegnata per raggiungere l’obiettivo con l’assessore al Personale Gianguido Passoni.

Per le associazioni del Coordinamento Torino Pride è un altro traguardo raggiunto. La richiesta del «tesserino consono al genere d’elezione» era stata presentata alla Trans Freedom March di novembre e al convegno sulle prospettive di riforma della legge n. 164/82 sul cambiamento di sesso. «Non è solo una norma formale -, spiega Christian Ballarin, responsabile di SpoT, Sportello Trans del Circolo Maurice -, è una novità che inciderà sulla qualità della vita delle persone. Di tutte, perché un lavoratore sereno offre un servizio migliore».

Per Alessandro Battaglia, coordinatore del Torino Pride glbt, «la città diventa più inclusiva. È una decisione epocale anche se legata al solo luogo di lavoro: la legge a oggi non permette il cambio del nome prima degli interventi chirurgici».

Per ora non ci sarebbero dipendenti comunali pronti a fruire della possibilità. «Grazie a questa apertura può essere che ci sia chi decida di uscire fuori – dice Ballarin -. Sappiamo di persone in difficoltà in altri ambienti. Molte decidono di licenziarsi, sperando di trovare un nuovo lavoro completata la transizione. Li invitiamo a resistere, nonostante il mobbing: chi ha fatto l’esperienza spesso dopo non trova niente».

MARIA TERESA MARTINENGO 06 FEBBRAIO 2015 La Stampa.it TORINO

Un tesserino “personalizzato” ai dipendenti comunali trans

221551139-48c5ef3d-dff2-42fb-b29a-46e1fb8c0cdb5Il nome sarà quello desiderato, anche senza il cambio di sesso chirurgico. L’associazione SpoT: “Non è solo formalità, così migliorerà la qualità della vita”

I trans che lavorano al Comune di Torino non potranno averlo sulla carta d’identità, ma saranno i primi in Italia ad averlo sul tesserino con cui si presentano al lavoro si. Il “nome d’elezione” infatti sarà quello con cui d’ora in avanti si presenteranno durante le ore di servizio ai cittadini.

Ieri è stata emanata una circolare interna che autorizza i dipendenti a utilizzare il “nuovo nome” prima che l’operazione concluda il cambio di sesso: “Dopo aver coinvolti gli uffici per capire se ci fossero ostacoli di qualche tipo abbiamo immediatamente adottato la regole – spiega l’assessore al Personale, Passoni – Le nostre strutture sono formate da persone molto sensibili al tema dei diritti e con la circolare affermiamo un principio più che giusto”.

I lavoratori comunali sono identificati attraverso un codice numerico che riconduce al fascicolo con i dati anagrafici, ora i dipendenti interessati potranno esibire lo stesso tesserino con il solo nome di battesimo modificato: “Se vado all’anagrafe voglio che mi sia consegnato il documento richiesto e poco importa se il nome sul tesserino del dipendente sia da uomo o donna, l’importante è che mi sia possibile identificarlo e questa possibilità rimane” dice Ilda Curti, assessore alle Pari opportunità della città che, insieme al collega Passoni, ha lavorato all’adozione del provvedimento.

Quello di Torino è il primo caso di amministrazione comunale che consente questo tipo di scelta, ma quella che nelle parole dell’amministrazione sembra una cosa normale non lo è per la maggior parte del sistema burocratico italiano: “La legislazione italiana non permette che questo avvenga su un documento d’identità” ricorda Alessandro Battaglia, coordinatore del Torino Pride che ha fortemente voluto questo provvedimento “Siamo felicissimi che la città abbia mostrato questa sensibilità e disponibilità, questo è un primato di cui andare orgogliosi”. Anche se al momento non ci sono stime di quante potrebbero essere le persone coinvolte: “Abbiamo portato avanti questa richiesta non perché ci fossero istanze di singoli interessati, ma come primo passo di una campagna che vuole riconoscere il diritto all’identità a livello nazionale con un cambio delle norme” aggiunge Battaglia “Sappiamo di alcuni dipendenti che se ne avessero avuto la possibilità prima di operarsi l’avrebbero fatto”.

L’idea era partita lo scorso autunno quando, durante un incontro successivo alla marcia Trans Freedom, alcuni attivisti avevano manifestato questa esigenza al sindaco Fassino, ora però per il movimento Lgbt la battaglia si sposta sul fronte nazionale: “Abbiamo chiesto un incontro al prefetto per illustrarle le enormi difficoltà burocratiche che vivono i trans e per individuare le strade per cambiare le regole anche sui documenti d’identità” annuncia Battaglia. “Questo non è solo un cambio formale – conclude Christian Ballarin, responsabile di SpoT, lo sportello per i transgender – La novità incide anche sulla qualità del servizio. Un lavoratore sereno opera meglio”.

JACOPO RICCA 05 FEBBRAIO 2015 La Repubblica.it TORINO

Riflessione semi-seria sul tesserino regionale che rispetta le persone transgender.

Alcuni anni di attivismo ci hanno aiutato a capire che non sono le vittorie più eclatanti, quelle che escono sui giornali, che rendono famosi alcuni a discapito di altri, a essere veramente importanti. Ogni giorno, ogni settimana, incontro dopo incontro, mail dopo mail, si fanno dei piccoli passi in avanti. Certo non potremmo chiamarle rivoluzioni, forse non ci danno lo stesso senso di sazietà, però sono importanti, perchè segnano la nostra vita ogni giorno.

Così l’ennesimo semino che abbiamo messo a dimora, questa volta in consiglio regionale, con l’aiuto di tanti e tante, col tempo darà i suoi frutti. Quando arriverà una persona trans per lavorare alla Regione Piemonte (e qui a miracolo si aggiunge il miracolo di un posto di lavoro!) saprà che potrà vivere la propria identità come meglio crede.
Saprà che nessuno le/gli chiederà di guardare nelle mutande per decidere in che bagno ha diritto di andare, che nome usare, quali abiti sarà più indicato che metta, quale nome utilzzare sul proprio badge.
Con buona pace di chi addita il gender come la fine del mondo così come lo conosciamo (magari!), il cambiamento è già intorno a noi. Noi siamo i testimoni di questo, con le nostre vite, le nostre famiglie diversamente abili, i nostri corpi mutanti, le nostre lotte.  E accade qualche volta, anche in questo paese, che le istituzioni abbiano il coraggio di superare le ideologie e guardare al benessere della persona.  E se, per alcuni, il nostro benessere è il loro malessere, be’, pazienza, ce ne faremo una ragione.
Questo mostro chiamato “gender” (che poi è indicativo come si usi un termine inglese, come Terminator, mica lo potevano chiamare Terminatore!), questo mostro che si aggira per l’Europa seminando il terrore fra la brava gente è veramente così potente e temibile, se agita tutte queste sentinelle ritte come dei suricati nel deserto, se scombina come una folata le sottane dei cardinali, fino ad arrivare al più buono e dolce degli esseri umani… Se perfino Francisco, che porta il nome della città più gaia del mondo, si arrabbia abbiamo capito che col gender non si scherza.

Ora, molto seriamente la/il trans che domani andrà a lavorare in Regione Piemonte col suo badge o il tesserino appuntato col nome “Francesca”, si girerà verso la sua collega-suricato e dirà “gender, chi?”

Christian Ballarin

Com. stampa: Rae Spoon unica data italiana

A quattro anni di distanza dal suo ultimo tour italiano e dopo la premiazione al MIX Milano Film Festival come “Miglior Documentario” per il suo film autobiografico My Prairie Home (selezione ufficiale al Sundance Festival 2014) il cantautore canadese Rae Spoon torna in Italia per una data unica a Torino.

Venerdì 23 Gennaio – ore 21:00 – Birrificio Metzger, via Bogetto 4/g Torino

La data è organizzata in collaborazione con il centro Maurice GLBTQ.

Compositore di colonne sonore, produttore, polistrumentista e autore di libri, il cantautore transgender Rae Spoon ha una storia come nessun altro.Torna in Italia con una data unica per presentare il suo ultimo album My Prairie Home, un lavoro che esplora il significato di “casa” quando questa non è più un posto in cui si può tornare.

Da piccolo Rae usava la musica come fuga e per creare un mondo in cui poteva vivere al sicuro. Canzoni che parlano di morte, del fare coming out come queer alle superiori, del sopravvivere agli abusi, vengono tutte cantante da una voce che può spezzare il cuore e riempirlo di speranza allo stesso tempo.

L’album My Prairie Home, che spazia da influenze folk e gospel all’indie rock,è anche la colonna sonora del pluripremiato documentario omonimo, prodotto dal Canada Film Board e diretto da Chelsea McMullan, che racconta di com’è stato per Rae crescere e sopravvivere in una famiglia cristiano evangelica.

Il documentario My Prairie Home è stato selezionato l’anno scorso dal prestigioso Sundance Festival e premiato in vari festival internazionali tra cui il MIX Milano Film Festival che gli ha conferito il premio “Miglior Documentario”.

Vincitore del Galaxy Rising Star Award nel 2004, Rae è stato anche nominato ai Polaris Music Prize nel 2009 e nel 2014, e ai CBC Radio 3 Bucky Awards.

In undici anni ha pubblicato otto album propri e tre in collaborazione con altri artisti, accompagnati da lunghi tour in Canada, America, Europa e Australia.

Nel 2012 Rae Spoon ha pubblicato il suo primo libro, First Spring Grass Fire, finalista al Lambda Award e premiato con un Honour of Distinction al premio letterario LGBT canadese Dayne Ogilvie Prize.

Il suo secondo libro, co-scritto con Ivan E. Coyote e pubblicato nel 2014, s’intitola Gender Failure.

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