La via maltese ai diritti LGBTQI. Un contributo di Ruth Baldacchino

zebra crossing rainbowMalta è vicina?
Un contributo di Ruth Baldacchino, attivista LGBTIQ maltese e Co-Segretaria Generale di Ilga World.

Malta e Irlanda, due paesi ritenuti dall’opinione comune profondamente cattolici, hanno recentemente adottato leggi che riconoscono importanti diritti per le persone gay, lesbiche, transessuali e intersessuali: l’Irlanda, con il matrimonio egualitario, e Malta, che a un anno dalla legge sulle unioni civili, ha adottato l’avanzato GIGESC act (Gender Identity, Gender Expression and Sex Characteristics act).

Abbiamo chiesto a attivist* per i diritti LGBTIQ di entrambi i paesi un commento sul percorso che ha portato a questi splendidi risultati. Ci sembra utile e interessante la loro opinione, come tutto quanto contribuisce a scollarci dall’idea paralizzante dello strapotere della Chiesa cattolica, determinante nel grave ritardo dell’Italia sui diritti delle persone LGBTIQ.

Il potere delle gerarchie vaticane in Italia è certamente profondo e pervasivo, ma altrettanto profonda e pervasiva è la sopravvalutazione di quel potere, con l’effetto paralizzante che spesso appanna la possibilità di guardare diritto in faccia le responsabilità della classe politica, e i differenti modi con cui il Vaticano esercita la sua egemonia, attraverso il capillare sistema di clientele che ha nell’assistenza, nella formazione e nell’educazione scolastica i suoi capisaldi.
A cura del Maurice glbtq

Iniziamo da Ruth Baldacchino, attivista LGBTIQ maltese, Co-Segretaria Generale di Ilga World.

A mio parere, ci sono alcuni fattori che distinguono Malta da altri paesi, come l’Irlanda e l’Italia. E’ vero che i tre paesi hanno in comune il dominio della Chiesa cattolica nella loro lunga storia, ma ogni paese ha avuto un suo proprio scenario politico.

Ed è questo scenario che a mio parere ha determinato come i diritti connessi alle donne, alle persone LGBTIQ e ancora altre questioni si sono potute sviluppare a Malta.

 Un po’ di storia.

E’ importante rilevare che mentre l’Europa occidentale faceva esperienza dell’impatto dei movimenti femministi negli anni ’60, ’70 e ’80, Malta stava appena emergendo dalla morsa coloniale. Comprendere il rapporto tra la Chiesa, la classe politica maltese e i governanti britannici è di fondamentale importanza in quanto tale rapporto ha influenzato gran parte dello scenario conseguente.

Durante il dominio britannico numerosi furono i conflitti tra la Chiesa cattolica e i governanti. Uno degli oggetti del contendere riguardava l’uso della lingua italiana, in vigore a Malta dal 1530, difeso sia dalla Chiesa sia dalle èlite maltesi.  Nel 1921 al momento della concessione da parte britannica dell’autogoverno, fu proprio la questione della lingua italiana una delle ragioni che crearono i disordini e il ritiro della concessione di autogoverno.

Rei di peccato mortale furono considerati dalla Chiesa gli elettori del partito che vinse, e anche i suoi alleati.

Questi rapidi riferimenti mostrano le modalità con cui la Chiesa cattolica cercò di mantenere il controllo in paricolari ambiti della vita maltese, l’educazione, scolastica e familiare e  quali la scuola la politica locale.

Nel 1934 il maltese venne dichiarato lingua nazionale insieme all’Inglese e all’Italiano e la Chiesa ancora una volta si oppose, insieme alle èlite locali, considerando l’insegnamento e l”uso del maltese un aperto atto di sfida. Chiaramente questa scelta fu intesa come una tattica dei britannici per indebolire l’enorme potere clericale sulla popolazione.

Nel 1960, la Chiesa cattolica emise un decreto contro il partito laburista (che è notoriamente indicato come ‘l-interdett’), i cui elettori furono messi al bando dalle messe e da altri eventi religiosi, così come furono bandite le celebrazioni dei “matrimoni misti” nelle chiese o cappelle. Alle famiglie dei sostenitori del Partito Labourista venne fatto divieto di dare sepoltura ai propri parenti nei cimiteri di proprietà della Chiesa (ovvero tutti i cimiteri, ad eccezione di quelli militari britannici!).
Per la Chiesa il partito laburista era il frutto avvelenato della politica dell’Europa continentale, in particolare dal comunismo.
Nel 1964, Malta ottenne l’indipendenza dagli inglesi pur mantenendo la Regina come capo dello Stato per i successivi 10 anni quando fu dichiarata la Repubblica, con un presidente come capo di stato. Furono anni di disordini civili, in particolare tra i due principali partiti politici, il partito nazionalista e quello laburista. Il partito laburista al governo negli anni ’70 determinò alcuni cambiamenti rivoluzionari:
1. La decriminalizzazione dell’adulterio e degli atti sessuali “contro natura” (tra i quali veniva annoverata l’omosessualità maschile).
2  l’introduzione del sistema di assistenza sociale, che comprendeva l’istruzione obbligatoria (e gratuita), l’assistenza sanitaria gratuita, e molti altri benefici.
3. la nazionalizzazione dei servizi pubblici, come la sanità, l’istruzione (che in precedenza era controllato dalla Chiesa), i trasporti (comprese le compagnie aeree di bandiera).
Da un punto di vista economico non fu il migliore dei periodi, ma da un punto di vista della giustizia sociale certamente sì, fu l’inizio del welfare a Malta.
In quegli stessi anni paesi come la Francia e l’Italia introdussero il divorzio e la legislazione sull’aborto.

Altri elementi.
Il Partito Nazionalista salì al potere nel 1987 e vi rimase fino al 2013, ad eccezione dei quasi due anni di governo laburista, tra il 1996 e il 1998.  Furono anni in cui l’economia maltese crebbe, ma non altrettanto la situazione per i diritti umani. Ci furono sono stati piccoli cambiamenti, ma niente di entusiasmante.
Un forte cambiamento è stato determinato con il referendum del 2011, quando vinse il Sì al divorzio. Può essere ancora presto per valutare l’impatto, ma c’è chi ritiene che la vittoria della legislazione sul divorzio o meglio il processo che ha condotta ad essa hanno gravemente indebolito la Chiesa cattolica (che ha finanziato fortemente il campo anti-divorzio ).

Gli anni recenti
Infine, alle elezioni del 2013, dopo 25 anni quasi ininterrotti di opposizione, il Partito Laburista ha vinto con un margine storico e con un chiaro mandato che includeva i diritti LGBTIQ.
Per la prima volta i diritti LGBTIQ sono stati parte di un programma elettorale; e per la prima volta abbiamo avuto un Ministero per le Libertà Civili e un Ministro che capisce non solo i problemi, ma è anche disposto a imparare (una caratteristica rara nei politici!).
La vecchia generazione temeva che saremmo tornati agli anni ’70, ma credo che anche la Chiesa ha cambiato le regole del gioco in relazione al nuovo partito al governo – ha preso le distanze e in un certo senso non siamo del tutto sicuri di dove si sta posizionando!
Questo è il contesto in cui sono entrati in vigore la legge sulle Unioni Civili e il GIGESC Act (Gender Identity, Gender Expression and Sex Characteristics Act). Durante l’iter legislativo la gente, specialmente all’interno della pubblica amministrazione, era davvero partecipe e desiderosa di cambiare le cose.
Tutto ciò non sarebbe stato possibile se organizzazioni non governative, in particolare il Malta Gay Rights Movement, non avessero avuto una strategia nel loro approccio.
Ci siamo mossi con precauzione ma con una strategia in mente; abbiamo preparato il terreno, lavorando con le associazioni professionali e con i media (che sono stati prevalentemente pro-LGBTIQ); abbiamo svolto le nostre ricerche; ci siamo impegnati in processi internazionali (ad esempio, quando la situazione di Malta è stata esaminata da diversi organismi delle Nazioni Unite); ma abbiamo anche stabilito un rapporto molto forte, mettendoci direttamente in gioco, con reti quali ILGA, ILGA-Europe, TGEU e IGLYO. Questo legame è stata la nostra ancora di salvezza, ci ha fornito conoscenze, collegamenti e sostegno e, a nostra volta, vi abbiamo contribuito.
Quello che volevo sottolineare in tutto questo è che Malta è stata sempre etichettata come uno dei paesi più conservatori d’Europa, soprattutto a causa della Chiesa Cattolica. Ci sono elementi di verità, ma ci sono anche molte supposizioni che vengono fatte su un paese e sulla sua gente. Ci sono certamente maltesi conservatori e che non amano quello che sta succedendo. Ma ad oggi non abbiamo visto alcuna opposizione né violenta né altrimenti,  e ciò dimostra, a mio parere, che i maltesi non sono poi così conservatori come venivano etichettati. Penso che abbiamo sfidato i pregiudizi che i maltesi avevano di se stessi; e credo che questo sia anche quello che è successo in Irlanda… e che speriamo accada in Italia!
Quale sarà la prossima battaglia? L’ultimo e indicibile tabù: la legalizzazione dell’aborto e i diritti alla salute sessuali e riproduttiva.

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