Un messaggio dal Pride di Siviglia ai pride italiani.
Le riflessioni sul Siviglia Pride di Antonio Soggia, attivista del Maurice di Torino. Con l’occhio rivolto all’Italia
di Andrea Maccarrone pubblicato il 28 giugno 2017
Sono le settimane dei pride, che tra giugno e luglio animano sempre più città in Italia – quest’anno ben 24 – e in Europa. Quando parliamo di pride abbiamo in mente un’idea generale, ma siamo consapevoli che poi ognuno, ogni città, ha le sue caratteristiche uniche, le sue abitudini organizzative, le sue parole d’ordine. Un prodotto unico che nasce dall’interazione tra le realtà associative che li organizzano con le specificità sociali, politiche e storiche dei vari territori.
Sicuramente il confronto tra le varie e diverse esperienze, italiane e internazionali, può essere utile spunto di riflessione e di crescita. Per questo riteniamo utile pubblicare le note di confronto tra il Pride di Siviglia e quello di Torino proposte da Antonio Soggia, attivista del Maurice GLBTQ di Torino.
“Alcune riflessioni a caldo sul Pride di Siviglia, che magari possono tornarci utili in Italia e a Torino in particolare:
La testa del corteo, e lo striscione in particolare, erano presidiati dal movimento. In apertura stavano i messaggi con maggiore contenuto politico. Non so nelle altre città, ma a Torino negli ultimi anni lo striscione è stato retto da sindaci, assessori e consiglieri, trasformando di fatto l’apertura del corteo in una vetrina per la politica locale. Le istituzioni erano fortemente presenti, ma in forma discreta. La bandiera arcobaleno sventolava orgogliosa sul tetto del municipio, il Comune aveva curato una campagna di affissioni e distribuiva bandierine e palloncini. Ma era chiaro che il centro della manifestazione era il movimento LGBT.
Il messaggio centrale del Pride era internazionalista (“per l’uguaglianza lgbti nel mondo”), nonostante il corteo di Siviglia fosse tutto sommato periferico e Madrid ospiti in questi giorni il World Pride. Morale: non solo “la nostra patria è il mondo” e ci sono sempre buone ragioni per manifestare, ma l’omofobia e la transfobia non si sconfiggono solo con una legislazione avanzata come quella spagnola, che pure sta dando un contributo essenziale.
Impressionante lo spezzone del PSOE. Non solo, credo, perché i socialisti hanno qui la loro roccaforte, ma forse perché, da Zapatero in avanti, il Partito ha fatto propria senza ambiguità la causa Lgbti. Certo, c’erano gli spezzoni di Podemos e di Izquierda Unida, persino quello di Ciudadanos (centrodestra), ma il carro e lo spezzone del PSOE erano il settore politico più vivace. Avete presente la triste presenza del PD al Pride? Ecco, tutto il contrario. Musica, allegria, bandiere e striscioni rainbow con i simboli socialisti (il pugno e la rosa). Le parole d’ordine: “il socialismo è libertà” e orgoglio. Ecco: tutte parole e idee che il PD ha messo in soffitta da tempo, sempre che le siano mai appartenute.
Infine una chicca: due donne musulmane velate (magari ci saranno stati altri credenti musulmani, ma non erano riconoscibili), una anziana e una giovane. La prima, seduta, seguiva con curiosità e attenzione il corteo. La seconda era partecipe e filmava la parata. Mi hanno commosso, confermandomi che la visibilità, anche nelle forme colorate e disinibite del Pride, può generare incontro tra differenze”.